Cinematerico. Il tema della droga. La discoteca Ilinx.


Cinematerico Ilinx

Nella sua teoria dei giochi (Les Jeux et les hommes: le masque et le vertige, 1958), il sociologo francese Roger Caillois utilizzò la parola “ilinx” per indicare quelle attività ludiche che comportano la “vertigine”, ossia la perdita della stabilità e del controllo. Nei bambini esse sono ad esempio l’altalena, lo scivolo, la giostra, situazioni di dispersione e sbandamento nelle quali il corpo umano smarrisce e ritrova l’equilibrio fisico e la chiarezza della percezione. Negli adulti questa tipologia di gioco corrisponde alle montagne russe dei parchi di divertimento, oppure all’alpinismo, alle attività acrobatiche e agli sport estremi. Si tratta del piacere nato proprio dallo smarrimento vertiginoso, dalle emozioni forti, nella consapevolezza che, con gli adeguati limiti e le opportune misure di sicurezza, esso è momentaneo, perciò poi si torna a una condizione di stabilità e dominanza.
L’incapacità di giocare nel giusto modo può portare però alla degenerazione e al trasferimento dell’ilinx ad ambiti che non gli sono congrui.
Negli adulti, la ricerca dell’ebbrezza, dello stordimento percettivo e dello sbilanciamento fuori di sé può concretizzarsi nel consumo delle droghe, nell’evasione artificiale verso un vertiginoso oltre, che non è più gioco, ma danneggiamento della propria vita. Oppure, quando la componente ilinx si abbina al caso (la componente alea, nella terminologia di Caillois), diventando rischio, azzardo, il gioco degenera in una sfida alla morte, in cui si perde completamente il controllo della situazione che si sta vivendo, con conseguenze distruttive per sé e spesso anche per gli altri. Ne è un esempio il brivido pericoloso della velocità eccessiva, provato in automobile trasgredendo limiti e divieti, o provato con gli sci, precipitandosi liberi e lanciati in un selvaggio fuoripista.
In Cinematerico ci sono due circostanze che rimandano all’ilinx.
La prima è quella della discoteca omonima, nella quale, a causa della corruzione presente nel futuro prossimo immaginato dal romanzo, la droga circola a fiumi e impunemente, tanto che i quattro spacciatori protagonisti ne portano addosso quantità esagerate. Nel locale è poi presente un gioco d’avanguardia, chiamato proprio ilinx: in una pista cinturata dai buttafuori, quando la scritta ilinx sospesa in alto si accende e una sirena fischia, parte un conto alla rovescia di otto secondi (otto, il numero dell’infinito, cioè dell’assenza di confini) che permette a ciascuno di sfogarsi in una libertà senza limiti. Chi liberava la propria protesta con movimenti impazziti, con urla sovrumane; chi aggrediva, chi picchiava; ragazze si spogliavano, lasciandosi toccare inermi, palpare a fondo, e poi arrivavano le pogate, violente, dirompenti, lunghe onde centrifughe di urti e di spinte che travolgevano ogni zona della pista. Allo zero ogni cosa doveva tornare normale. Se non avveniva, i riflettori riversavano una potente luce bianca sul quadrato, con la musica che continuava a rimbombare, e i buttafuori sistemavano la situazione, separando, proteggendo, soccorrendo. Quelli messi male venivano portati al punto di primo soccorso, mentre coloro che non volevano interrompere il delirio finivano per essere sbattuti fuori senza tanti complimenti. Poi c’era la turnazione: chi aveva provato usciva e permetteva l’ingresso di un nuovo gruppo (Cinematerico, capitolo XI).
La seconda situazione che nel romanzo rimanda all’ilinx è la terribile roulette russa che i quattro protagonisti fanno con la loro auto: in prossimità di un semaforo in cui è appena scattato il rosso, spengono i fari della macchina, chiudono gli occhi e si lanciano a tutta velocità nell’incrocio. Bricco si sfregò energicamente le mani. – Sì, dai! Ci vuole ’na bella roulette russa per ritrova’ la spinta.
– Oh, veloce, che ci siamo quasi. Allora?
– Dai!
Anche Nilo si lasciò andare. – Sì cristo fallo! – Aveva bisogno di alleggerirsi per un secondo delle preoccupazioni che lo tormentavano.
L’euforia del rischio cominciò a prenderli.
– Aspetta aspetta! – esclamò Lele di colpo, investito da un’ansia fortissima. – Se… se ci sta madama?
Dodo ne fiutò l’insicurezza e volle metterlo in difficoltà. Accelerò ancora. – A Le’, ci siamo quasi… Fai il capo, a Le’! (Cinematerico, capitolo VIII)
Va da sé che entrambi questi giochi degenerati sono parte di quel “male” che il romanzo descrive e di cui se ne dimostra l’inevitabile conclusione: la distruzione, il danneggiamento, la morte.

                                                                              Francesco Ricci

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